Legittimo il licenziamento per aumentare il profitto
La Suprema Corte, con sentenza n. 9147/2018, ha confermato l’orientamento ormai unitario ritornato in auge con la sentenza n. 25201/2016, secondo cui il licenziamento per giustificato motivo oggettivo integrato dalla soppressione di un posto di lavoro (anche con redistribuzione delle relative mansioni tra il personale ancora in forza) può essere legittimamente determinato anche dalla volontà del datore di lavoro di incrementare i profitti (e, dunque, di aumentare il benessere dell’impresa, quale elemento imprescindibile per una durevole e stabile permanenza sul mercato) e non obbligatoriamente dalla necessità di far fronte a situazioni sfavorevoli non contingenti (come, al contrario ritenuto da altro orientamento ormai decisamente minoritario).
A fondamento della valutazione espressa, i Giudici di legittimità pongono un argomento letterale, non facendo l’art. 3 L. 604/66, nel definire il giustificato motivo oggettivo, alcun riferimento a situazioni di crisi o di difficoltà economica, ed uno sistematico-costituzionale, rientrando il profitto tra gli obiettivi tipici dell’impresa, la cui libera iniziativa è tutelata dall’art. 41 Cost.
Cass. 9127 del 2018 (Aumento profitto e licenziamento gmo)