Immutabilità contestazione disciplinare e tutela reintegratoria
La Suprema Corte, con la sentenza n. 21265/2018, ha statuito che, in caso di violazione del principio di immodificabilità dei fatti oggetto di contestazione, trova applicazione la tutela reintegratoria attenuata, di cui all’art. 18, comma 4, L. 300/70 e non quella indennitaria debole prevista dal comma 7 della medesima norma in caso di violazione procedurali.
In particolare, nel caso posto al vaglio dei Giudici di legittimità, il datore di lavoro contestava al dipendente l’assenza ingiustificata per oltre tre giorni consecutivi, salvo richiamare nella lettera di licenziamento l’art. 41, lettera c, del Ccnl applicabile (recidiva nelle mancanze del dipendente).
Il Tribunale di Lecce, sia in sede sommaria che in sede di opposizione, rilevata la modifica dei fatti posti a fondamento della contestazione disciplinare, e, dunque, l’illegittimità del licenziamento, riteneva di applicare la tutela per i vizi procedurali di cui all’art. 18, comma 7, L. 300/70, condannando il datore di lavoro al pagamento della misura massima di 12 mensilità.
Proposto reclamo dal lavoratore, la Corte di Appello di Lecce, in riforma della sentenza di primo grado, ritenendo che la modifica del fatto contestato determinasse la insussistenza della stesso, disponeva la reintegra del lavoratore nel posto di lavoro, con condanna al pagamento di 12 mensilità, ai sensi dell’art. 18, comma 4, L. 300/70.
La Cassazione, a sua volta, ha confermato tale lettura, escludendo che nel caso in questione potesse applicarsi il regime sanzionatorio delle violazioni meramente formali e procedurali. Nel caso in questione, osservano i giudici di legittimità, il fatto oggetto del licenziamento non coincide con quello contestato, con conseguenza insussistenza di quest’ultimo.
Cass. 21265 del 2018 (violazione princioio immutabilità contestazione e tutela reintegratoria)