Licenziamento collettivo: criteri di scelta contestabili solo da chi vi abbia interesse
La Suprema Corte, con sentenza n. 13871 del 2019, in tema di licenziamento collettivo, ha ribadito i seguenti principi, ormai divenuti ius receptum:
- se la ristrutturazione o riorganizzazione aziendale è riferita a uno specifico reparto o stabilimento (unità produttiva) da sopprimere, si ritiene valida la scelta che determina l’applicazione dei licenziamenti a quello specifico ambito aziendale, purché, nella comunicazione di avvio della procedura, sia motivata la ragione della limitazione dell’esubero alla singola unità produttiva o al singolo reparto;
- l’interesse ad agire con riferimento alla contestazione delle modalità di attuazione dei criteri di scelta concordati con le OO.SS. o, in assenza di accordo, dettati dalla legge, da parte del datore di lavoro, sussiste solo in capo al lavoratore che, in caso di corretta applicazione dei suddetti criteri, non sarebbe rientrato tra i licenziandi.
Proprio in applicazione di tali principi, i Giudici di legittimità, nella fattispecie concreta oggetto di giudizio, hanno confermato la pronuncia della Corte di Appello, che aveva ritenuto insussistente l’interesse ad agire del lavoratore, in quanto questi, anche applicando correttamente i criteri di scelta, sarebbe, comunque, rientrato tra i lavoratori da licenziare.