Incompatibilità ambientale: legittimo il trasferimento
La Suprema Corte, con sentenza n. 27345/2019, ha confermato il principio secondo cui il trasferimento del dipendente dovuto ad incompatibilità aziendale, trovando la sua ragione nello stato di disorganizzazione e disfunzione dell’unità produttiva, va ricondotto alle esigenze tecniche, organizzative e produttive, di cui all’art. 2103 c.c., piuttosto che, sia pure atipicamente, a ragioni punitive e disciplinari.
Di conseguenza, secondo gli ermellini, la legittimità del provvedimento di trasferimento prescinde dalla colpa (in senso lato) dei lavoratori trasferiti, e non richiede, da parte del datore di lavoro, l’osservanza delle garanzie sostanziali e procedimentali cpreviste per l’irrogazione delle sanzioni disciplinari.
Nell’ipotesi di incompatibilità ambientale, dunque, così come nella generalità delle ipotesi sussumibili nell’art. 2103 c.c., il controllo giurisdizionale sulle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive, che legittimano il trasferimento del lavoratore, deve essere diretto ad accertare soltanto se vi sia corrispondenza tra il provvedimento datoriale e le finalità tipiche dell’impresa e, trovando un preciso limite nel principio di libertà dell’iniziativa economica privata (garantita dall’art. 41 Cost.), il controllo stesso non può essere esteso al merito della scelta imprenditoriale, né questa deve presentare necessariamente i caratteri della inevitabilità, essendo sufficiente che il trasferimento concreti una tra le scelte ragionevoli che il datore di lavoro possa adottare sul piano tecnico, organizzativo o produttivo.
Cass. 27345 del 2019 (trasferimento per incompatibilità ambientale)