Tribunale Mantova 26.6.2020: insussistenza di un diritto incondizionato allo Smart Working ai sensi dell’art. 90 D.L. Rilancio
TRIB. MN – DECRE. N. 1054.20 – RG 294.20) POS PAVONI
Il Tribunale di Mantova, Sezione lavoro, all’esito di un ricorso ex art. 700 c.p.c. con cui il ricorrente ha chiesta che fosse ordinato alla Società resistente, con effetto immediato e sino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19, di consentire lo svolgimento delle mansioni contrattuali in modalità di Lavoro Agile.
In alternativa, che il giudice stabilisse la corresponsione di un importo di euro 200,00 al giorno, o nella diversa misura ritenuta di giustizia, in capo all’Azienda per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento.
Alla base delle proprie ragione, il ricorrente ha eccepito che:
– l’art. 90 del d.l. 34/2020 (cd. decreto rilancio) gli conferisca un diritto soggettivo all’esecuzione della propria prestazione lavorativa in modalità agile, in quanto il suo nucleo famigliare è composto, oltre che dallo stesso, dalla moglie (dipendente di una amministrazione pubblica) e dalla figlia di anni 12;
– il mancato riconoscimento del lavoro Agile lo esponga ad un “grave rischio per la propria salute” ed impedisca l’accudimento della figlia minore poiché la moglie lavora.
A tal proposito, il citato art. 90, dispone che “fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, i genitori lavoratori dipendenti del settore privato che hanno almeno un figlio minore di anni 14, a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attivita’ lavorativa o che non vi sia genitore non lavoratore, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalita’ agile anche in assenza degli accordi individuali, fermo restando il
rispetto degli obblighi informativi previsti dagli articoli da 18 a
23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, e a condizione che tale
modalita’ sia compatibile con le caratteristiche della prestazione”.
Il ricorso è stato rigettato, per la piena insussistenza dei presupposti indefettibili sia del periculum in mora che del fumus boni iuris, con condanna del ricorrente al pagamento delle relative spese di lite.
Nella specie, è stato accerto che le mansioni dell’ingegnere ricorrente fossero riferibili alla gestione in generale dei parcheggi, dalla fase iniziale della loro progettazione fino alla relativa gestione operativa nonché compiere visite presso presso gli stessi per incontrare i referenti tecnici dei committenti per la verifica dello stato manutentivo o eventuali.
Inoltre, il ricorrente, al di là di tutta una serie di attività ulteriori, straordinarie e non prevedibili in quanto connesse a possibili emergenze, ricopre il ruolo di Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, compiendo verifiche sulla sicurezza nei parcheggi della gestione della salute e sicurezza aziendale finanche.
Ebbene, secondo il giudice, si tratta di mansioni diversificate che “risultano caratterizzarsi – quanto meno in misura rilevante se non prevalente – per la necessità della presenza fisica del dipendente”.
Di talché nel caso di specie non sussiste il requisito della compatibilità tra le mansioni svolte e la modalità agile e, di conseguenza, manca il fumus del diritto invocato in giudizio.
Non da ultimo, è emerso che la moglie del ricorrente svolge con regolarità la propria prestazione lavorativa in smart working presso il proprio domicilio di residenza, in cui vive con la figlia ed il marito.
Circostanza che rileva quanto meno ai fini della valutazione del periculum in mora che si richiede come autonomo presupposto per la concessione del richiesto rimedio cautelare: la figlia minorenne può essere accudita dalla madre anche in assenza del padre lavoratore.
Secondo il Tribunale di merito, infatti, il periculum in mora non può ritenersi sussistente in re ipsa ma debba fondarsi su elementi concreti che incombe alla parte ricorrente allegare e provare.
Ne discende la necessità di allegazioni puntuali che consentano alle parti processuali ed al giudice di operare una verifica finalizzata alla tutela di un pregiudizio concretamente e non teoricamente irrimediabile.
Tale onere di allegazione non è stato ottemperato da parte del ricorrente.
Analogo ordine di considerazioni valgono circa il pericolo di pregiudizio “per la propria salute” che viene solo genericamente affermato dal ricorrente (a tal proposito la Società resistente aveva dato prova dell’adozione di protocolli di sicurezza anti Covid-19, dell’istituzione di un Comitato aziendale specifico per tale rischio –a cui tra l’altro il ricorrente partecipa in qualità di RLS-, della integrazione del proprio DVR oltre che della circostanza fattuale dell’assenza di forme di agitazione sindacale o scioperi legati alla salute e sicurezza sul lavoro).
Per le ragioni esposte si è ritenuto di dover respingere il ricorso.