Luci ed ombre della bozza del Decreto Dignità
Sono iniziate a circolare negli ultimi giorni le prime bozze del Decreto Dignità annunciato dal Ministro Di Maio. Dalla lettura delle stesse emergono alcune luci e molte ombre circa la idoneità delle proposte normative a raggiungere gli ambiziosi obiettivi dichiarati.
Certamente meritevoli risultano essere le iniziative volte a contrastare le delocalizzazioni produttive da parte di imprese che abbiano, negli anni precedenti, fruito di benefici ed agevolazioni statali, in quanto la fruizione di queste ultime è coerente che venga legata alla permanenza dell’impianto produttivo all’interno dello Stato “finanziatore”.
Molte ombre riguardano, invece, le paventate modifiche alla disciplina dei contratti di lavoro a tempo determinato e della somministrazione a tempo determinato, in quanto le misure prospettate, se attuate, invece di combattere il “precariato”, avranno come esclusivo effetto quello di accrescere l’instabilità lavorativa ed il precariato e di aumentare esponenzialmente il contenzioso.
Ed invero, l’esperienza del D.lgs. n. 368/01 insegna che la previsione di causali attraverso il riferimento a clausole aperte genera una proliferazione di contenziosi aventi esiti diametralmente opposti, così rimettendo alla sensibilità del singolo giudice la valutazione circa la idoneità o meno della causale eventualmente indicata a sostegno del rinnovo del contratto a tempo determinato.
La giurisprudenza formatasi con riferimento al D.lgs. n. 368/01 ha avuto esiti incerti, contrastanti e non unitari, così generando disparità di trattamento tra i lavoratori operanti nei diversi ambiti territoriali, a seconda dell’orientamento sviluppatosi in seno a ciascun Tribunale competente.
In sostanza, la previsione dell’obbligo di causale in caso di rinnovo del contratto a termine dopo i primi 12 mesi anziché prevenire il “precariato” determinerà semplicemente un maggior turnover di personale, accrescendo il numero dei precari del mondo del lavoro, in quanto il datore di lavoro, piuttosto che rimettere ad un Tribunale, con esiti incerti, la valutazione della legittimità o meno della causale posta a fondamento del rinnovo, preferirà, alla scadenza dei primi 12 mesi, sostituire il lavoratore con altro sempre a tempo determinato.
Con il sistema attuale, invece, il datore di lavoro che, ritenendo valido il lavoratore a tempo determinato, lo abbia occupato per tutti i 36 mesi, al termine del suddetto periodo, sicuramente procederà alla stabilizzazione del rapporto di lavoro, essendo irragionevole sostituirlo con altro dipendente a tempo determinato e sostenere, ex novo, i costi e i tempi di formazione.