Addio al pagamento in contanti della retribuzione: sanzioni fino a 5.000 euro
Dal primo luglio 2018 è entrata in vigore la previsione di cui all’art. 1, commi 910 e ss., della Legge di Bilancio 2018, che punisce con sanzioni da 1.000 a 5.000 euro i datori di lavoro che corrispondono retribuzioni o acconti in contanti ai propri dipendenti.
Diventa, dunque, obbligatorio corrispondere le retribuzioni mediante bonifico bancario, postale o altro strumento elettronico di pagamento.
La legge chiarisce, inoltre, che la firma apposta sul prospetto paga non costituisce prova del pagamento, proprio in ragione dell’obbligo di corrispondere la retribuzione con strumenti tacciabili. Questa disposizione rappresenta una importante novità nel panorama della gestione dei rapporti di lavoro, in quanto, almeno sino ad oggi, la giurisprudenza riteneva che la firma apposta sul prospetto paga “per ricevuta e quietanza” rappresentasse prova della corresponsione della retribuzione, salvo la facoltà per il dipendente di fornire la prova contraria. Con l’efficacia della nuova normativa, l’unica prova liberatoria per il datore di lavoro sarà la copia del bonifico o dell’assegno coincidente con il “netto” risultante dal prospetto paga.
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con le note 458 del 22 maggio 2018 e 5828 del 4 luglio 2018 ha ribadito, da un lato, che la firma della busta paga non integra prova del pagamento della retribuzione e, dall’altro, che la violazione non può essere oggetto di diffida, trattandosi di un illecito non sanabile; sarà solo possibile ottenere la sanzione in misura ridotta pari ad €. 1.666,66.