Condotta extralavorativa in malattia: legittimo il licenziamento se ritarda guarigione
Con la recente sentenza n. 12994/2023, la Suprema Corte ha confermato la legittimità del licenziamento di un lavoratore che, nel corso di un’assenza per infortunio/malattia aveva espletato attività incompatibili con la prescrizione medica e tali, dunque, da ritardarne la guarigione, ribadendo il principio secondo cui: “lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente, durante lo stato di malattia, configuri violazione degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà nonché dei doveri generali di correttezza e buona fede, oltre che nell’ipotesi in cui tale attività esterna sia, di per sé, sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia, anche nel caso in cui la stessa, valutata con giudizio ex ante in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare la guarigione o il rientro in servizio (Cass. 5 agosto 2014, n. 17625; Cass. 27 aprile 2017, n. 10416; Cass. 19 ottobre 2018, n. 26496)“.
In particolare, nel casi di specie, il lavoratore, a fronte di certificati medici che gli prescrivevano “riposo e cure” per un trauma alla caviglia sinistra, aveva tenuto una serie di condotte incaute, incompatibili con tale prescrizione, vale a dire: lunghe camminate, guida dello scooter, carico e scarico merci nell’esercizio commerciale di famiglia, pulizia della zona antistante tale esercizio commerciale, montaggio di un portabagagli sull’autovettura, etc.
Cass. 12994 del 2023 (condotta extralavorativa in malattia e licenziamento)