Rifiuta di servire cliente senza mascherina: no al licenziamento
Il Tribunale di #Arezzo, con sentenza n. 9/2021, in sede di opposizione nel Rito #Fornero, ha annullato, ritenendo #insussistente il fatto contestato, il #licenziamento di un dipendente di un bar che aveva #rifiutato il #pagamentoda parte di un cliente senza #mascherina.
In particolare, il Giudice ha affermato che le frasi attribuite al dipendente, al momento del rifiuto, non potevano considerarsi #ingiuriose né #offensive; tanto meno sono “gravi”, in quanto prive del carattere dell’offensività, costituendo una reazione verbale giustificata dall’esasperazione per una condotta altrui omissiva, denotante ignorante sottovalutazione del fenomeno #pandemico, accompagnata da frasi villane e sprezzanti della salute propria e degli altri clienti, oltreché del cassiere.
Né, secondo il Tribunale, poteva essere considerato “grave fatto” il #rifiuto del servizio perché esercizio del proprio diritto, costituzionalmente garantito, a svolgere la prestazione in condizioni di #sicurezza. L’esimente dello stato di necessità, prosegue il Giudice aretino, consentiva del resto, pur in assenza di una specifica disposizione di legge, anche di astenersi dal lavoro poiché lo svolgimento della prestazione lo esponeva ad un #rischio di danno alla persona.
Aggressione verbale del superiore a seguito di collocamento forzoso in ferie: legittimo licenziamento
Con la recente sentenza n. 553/2021, la Suprema Corte ha confermato la correttezza della sentenza di secondo grado in cui era stato ritenuto legittimo e proporzionato il licenziamento di un dipendente che, a fronte della comunicazione di collocazione unilaterale in ferie, aveva aggredito verbalmente il proprio datore di lavoro (impersonificato dall’amministratore giudiziario di una società).
In particolare, secondo i giudici di secondo grado, la condotta tenuta dal lavoratore e consistente nel «proferire frasi offensive e minacciose nei confronti dell’amministratore giudiziario della società» integrava una giusta causa di licenziamento, ragionamento, questo, ritenuto corretto dalla Corte di Cassazione.
Respinto anche il richiamo difensivo al presunto abuso compiuto dalla società, e cioè «il collocamento forzoso in ferie» della lavoratrice. Su questo fronte, i giudici di legittimità ribadiscono che «l’illegittimità» in cui sarebbe incappata la società datrice di lavoro non potrebbe, comunque, essere valutata così grave da «legittimare la spropositata reazione verbale a cui si è lasciata andare la dipendente».
Licenziamento collettivo ed onere prova della fungibilità delle mansioni
La Suprema Corte, con la recente sentenza n. 28816/2020, nell’accogliere il ricorso proposto dalla datrice di lavoro, ha ribadito due importanti principi in materia di licenziamento collettivo.
In primo luogo, i Giudici di legittimità hanno confermato che, in materia di licenziamenti collettivi, e più precisamente con riferimento alla comunicazione alle organizzazioni sindacali, la legge n. 223/1991, procedimentalizzando il provvedimento datoriale, ha sancito anche il passaggio dal vecchio controllo giurisdizionale ex post al nuovo controllo dell’iniziativa imprenditoriale di ridimensionamento dell’impresa esercitato ex ante dalle organizzazioni sindacali. Di conseguenza, con la previsione dell’informazione e della consultazione preventiva dei sindacati, il legislatore ha riservato al giudice degli spazi di controllo solo residuali: in sede contenziosa non è più possibile sindacare i motivi alla base della riduzione di personale, ma si può accertare esclusivamente che l’operazione sia risultata corretta dal punto di vista procedurale. Il che vuol dire, come sottolineato dalla Corte di cassazione, che il giudice non può essere chiamato a giudicare la presenza di effettive esigenze aziendali di riduzione o di trasformazione dell’attività produttiva, a meno che a sostegno della domanda giudiziale non siano poste contestazioni in ordine alla violazione delle prescrizioni in materia di informazione e consultazione sindacali con la prova di «maliziose elusioni dei poteri di controllo delle organizzazioni sindacali e delle procedure di mobilità» poste in essere al fine di discriminare i lavoratori.
In secondo luogo, in materia di fungibilità dei dipendenti, i giudici hanno sancito che la stessa viene in rilievo con riferimento ai licenziamenti collettivi solo se un lavoratore, interessato dal recesso, riesca a dimostrare di possedere una professionalità fungibile: solo in tal caso non è possibile limitarsi a compararlo con coloro che appartengono al medesimo reparto o settore interessato dalla riduzione.
Cass. 28816 del 2020 (licenziamento collettivo ambito comparazione ed onere prova fungibilità)
Leggi di più...Tribunale di Palermo: i rider sono lavoratori subordinati
Ecco le motivazioni della sentenza n. 3570/2020, con cui il Tribunale di Palermo:
1. ha accertato la natura subordinata ed a tempo indeterminato del rapporto di lavoro in essere tra un rider ed una società di delivery, condannando la #società al pagamento delle differenze retributive;
2. conseguentemente ha qualificato la mancata chiamata per ulteriori consegne come licenziamento orale, dichiarandone l’inefficacia con conseguente ripristino del rapporto di lavoro e pagamento delle retribuzioni medio tempore maturate.
La sentenza si discosta dall’orientamento della Suprema Corte secondo cui i rapporti di lavoro con i rider sono rapporti autonomi di collaborazione a cui si deve applicare la disciplina della subordinazione (ma non quella in materia di limiti al licenziamento) in ossequio a quanto disposto dall’art. 2, comma 1, D.lgs. n. 81/15 in materia di #collaborazioni organizzate dal committente.
Trib. Palermo 3570 del 2020 (subordinazione riders)
Leggi di più...D.L. Ristori: principali misure
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 269 del 28 ottobre 2020, è stato pubblicato il cd. Decreto Ristori (D.L. n. 137/2020), con il quale il Governo ha adottato ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse alle restrizioni contenute nel DPCM 24 ottobre 2020.
Le imprese dei settori direttamente colpiti dalle restrizioni contenute nell’ultimo DPCM riceveranno contributi a fondo perduto con la medesima procedura già utilizzata dalle Entrate per quelli previsti dal decreto Rilancio (d.l. n. 34/2020). Tra i beneficiari sono incluse anche le imprese con fatturato maggiore di 5 milioni di euro (con un ristoro pari al 10% del calo del fatturato). Potranno presentare la domanda anche le aziende che non hanno usufruito dei precedenti contributi, mentre è prevista l’erogazione automatica sul conto corrente, entro il 15 novembre, per chi aveva già fatto domanda in precedenza. L’importo del beneficio varierà dal 100% al 400% di quanto previsto in precedenza, a seconda del settore di attività dell’esercizio.
Proroga della cassa integrazione
Il decreto prevede la proroga, per altre 6 settimane degli ammortizzatori sociali legati all’emergenza COVID-19, da usufruire tra il 16 novembre 2019 e il 31 gennaio 2021, da parte delle imprese che hanno esaurito le precedenti settimane di cassa integrazione previste dal Decreto Agosto e da parte di quelle soggette a chiusura o limitazione dell’attività.
È confermato il contributo addizionale differenziato (0, 9 o 18% delle retribuzioni perse) in base alla riduzione di fatturato. La cassa è gratuita per i datori di lavoro che hanno subito una riduzione di fatturato pari o superiore al 20%, per chi ha avviato l’attività dopo il 1° gennaio 2019 e per le imprese interessate dalle restrizioni.
Proroga esonero dai contributi previdenziali
E’ prevista la proroga dell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali ai datori di lavoro (con esclusione del settore agricolo) che hanno sospeso o ridotto l’attività a causa dell’emergenza COVID, nei limiti delle ore di ammortizzatore fruite nel mese di giugno 2020, e che non facciano richiesta di accesso agli ammortizzatori sociali, per un periodo massimo di ulteriori 4 settimane, fruibili entro il 31 gennaio 2021
Credito d’imposta sugli affitti
Il credito d’imposta sugli affitti viene esteso ai mesi di ottobre, novembre e dicembre ed allargato alle imprese con ricavi superiori ai 5 milioni di euro che abbiano subito un calo del fatturato del 50%. Il relativo credito è cedibile al proprietario dell’immobile locato.
Seconda rata IMU
La seconda rata dell’IMU 2020 relativa agli immobili e alle pertinenze in cui si svolgono le attività interessate dalle restrizioni è cancellata.
Lavoratori dello spettacolo e del turismo e altri settori
Il decreto prevede un’indennità di 1.000 euro per tutti i lavorati autonomi e intermittenti dello spettacolo. Per il settore del turismo invece è prevista la proroga della cassa integrazione e delle indennità speciali.
È inoltre stanziato 1 miliardo per il sostegno nei confronti di alcuni settori colpiti. Nello specifico:
– 400 milioni per agenzie di viaggio e tour operator;
– 100 milioni per editoria, fiere e congressi;
– 100 milioni di euro per il sostegno al settore alberghiero e termale;
– 400 milioni di euro per il sostegno all’export e alle fiere internazionali.
Reddito di emergenza
Per tutti coloro che ne avevano già diritto e a chi nel mese di settembre ha avuto un valore del reddito familiare inferiore all’importo del beneficio, verranno erogate due mensilità del Reddito di emergenza.
Settore sportivo
Per i lavoratori del settore sportivo che avevano già ricevuto le indennità previste dai decreti Cura Italia (d.l. n. 18/2020) e Rilancio (d.l. n. 34/2020) è riconosciuta un’ulteriore indennità. L’importo è aumentato da 600 a 800 euro.
Per far fronte alle difficoltà delle associazioni e società sportive dilettantistiche viene istituito un apposito Fondo le cui risorse verranno assegnate al Dipartimento per lo sport. Il Fondo viene finanziato per 50 milioni di euro per il 2020 per l’adozione di misure di sostegno e ripresa delle associazioni e società sportive dilettantistiche che hanno cessato o ridotto la propria attività, tenendo conto del servizio di interesse generale che queste associazioni svolgono, soprattutto per le comunità locali e i giovani.
Filiere di agricoltura e pesca
Viene istituito un fondo da 100 milioni di euro per sostenere le imprese delle filiere agricole, della pesca e dell’acquacoltura interessate dalle misure restrittive. Il sostegno viene effettuato attraverso la concessione di contributi a fondo perduto a chi ha avviato l’attività dopo il 1° gennaio 2019 e a chi ha subito un calo del fatturato superiore al 25% nel novembre 2020 rispetto al novembre 2019.
Giustizia
Per il settore giustizia, vengono introdotte disposizioni per l’utilizzo di collegamenti da remoto per l’espletamento di specifiche attività legate alle indagini preliminari e, in ambito sia civile che penale, alle udienze; nonché per la semplificazione del deposito di atti, documenti e istanze.
Invio tardivo certificato: legittimo il licenziamento per assenza ingiustificata
La Suprema Corte, con sentenza n. 18956/2020, ha sancito il principio secondo cui deve considerarsi assente ingiustificato il lavoratore allorquando invii il certificato medico oltre la scadenza dei termini fissati dal CCNL di settore.
Nel caso di specie, la Corte d’Appello di Cagliari, Sezione di Sassari, confermava la sentenza del Tribunale di Sassari e rigettava la domanda di annullamento del licenziamento disciplinare intimato al lavoratore, ritenendo sussistente l’assenza ingiustificata di quest’ultimo nei giorni dal 3 all’8 ottobre 2014, “dovendo così qualificarsi le assenze non coperte dal certificato medico giunto in ritardo”, e tempestiva e congrua la sanzione irrogata, “tanto più che quali assenze ingiustificate dovevano essere considerate quelle precedenti di cui alla contestazione del 23.9.2014, rimasta senza seguito per l’insorgere improvviso di uno stato di malattia protrattosi fino al 7.2.2015, nonché quelle dei giorni 8 e 9 febbraio 2015 in cui cessata la malattia avrebbe dovuto presentarsi al lavoro”.
Il lavoratore impugnava, quindi, la sentenza di secondo grado deducendo, tra gli altri motivi di ricorso, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2106 c.c. e degli artt. 42 lett. E) e D) e 71 del C.c.n.l. Cooperative sociali, lamentando l’incongruità logica e giuridica della qualificazione come assenze ingiustificate di giornate in relazione alle quali è stato comunque certificato lo stato di malattia e del conseguente giudizio circa la rilevanza disciplinare della condotta e la proporzionalità della sanzione.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del lavoratore, ritenendo condivisibile il principio di diritto richiamato dai giudici d’appello secondo cui si devono qualificarsi “in termini di assenza ingiustificata” i giorni di assenza riconducibili ad uno stato di malattia, allorquando il relativo certificato sia inviato tardivamente al datore di lavoro “e, così sulla rilevanza disciplinare delle stesse nonché sulla ritenuta regolarità formale dei provvedimenti assunti, dovendosi considerare correttamente valutati dalla Corte territoriale come meramente sospeso il procedimento avviato a seguito della contestazione del 23.9.2014 e come tempestivamente avviato all’atto della cessazione del periodo di malattia, che ne avrebbe determinato la sospensione, il procedimento relativo alla contestazione delle assenze ingiustificate comprese tra il 3 e 1’8 ottobre 2014 ed altresì sulla sancita congruità della sanzione irrogata già prevista dall’art. 42 lett. E) del CCNL di categoria per ogni singolo episodio contestato”.
Cass. 18956 del 2020 (assenza ingiustificata per tardivo invio del certificato e giusta causa)
Leggi di più...Prelievo abusivo benzina aziendale: legittimo il licenziamento
La Suprema Corte, con sentenza n. 21591/2020, ha confermato la legittimità del licenziamento di un dipendente che aveva prelevato senza autorizzazione alcuni litri di benzina di proprietà del datore di lavoro.
Secondo i Giudici di legittimità, infatti, il comportamento tenuto dal lavoratore assumeva una particolare gravità in quanto lesivo dei parametri di sicurezza vigenti nello stabilimento e tale da causare la rottura irrimediabile del rapporto di fiducia col datore di lavoro.
La Cassazione, infine, ha confermato anche la condanna del lavoratore al pagamento delle spese processuali. Corretta e non contestabile, viene chiarito, l’applicazione del «criterio legale della soccombenza», non essendovi ragioni «per derogarvi», sanciscono i magistrati, respingendo i richiami difensivi alle posizioni economiche delle parti in causa (con allegazione dello stato di disoccupazione del lavoratore).
Cass. n. 21591:20 (legittimo licenziamento per prelievo abusivo benzina aziendale)
Leggi di più...Le misure giuslavoristiche del DL (Ferr)Agosto
Il DL Agosto, entrato in vigore a Ferragosto, contiene una serie di importanti misure, in materia lavoristica, volte a fronteggiare le conseguenze generate dall’emergenza epidemiologica ancora in atto; di seguito si riporta una sintesi di quelle più importanti.
- Proroga degli ammortizzatori sociali emergenziali: l’art. 1 prevede la proroga di 9 + 9 settimane degli ammortizzatori sociali emergenziali nel periodo dal 13 luglio al 31 dicembre 2020. Le prime 9 settimane sono gratuite mentre le seconde 9 sono gratuite solo per chi ha patito, nel primo semestre 2020 rispetto al primo semestre 2019, un calo del fatturato pari o superiore al 20%; è, invece, previsto un contributo del 9% delle retribuzioni che sarebbero spettate ai dipendenti sospesi chi ha patito un calo del fatturato inferiore al 20% e del 18% per chi non ha patito alcun calo del fatturato. I periodi di sospensione già autorizzati prima dell’entrata in vigore del DL e relativi a periodi successivi al 13 luglio 2020 saranno computati nelle prime 9 settimane. Le domande all’Inps dovranno essere proposte entro la fine del mese successivo a quello di sospensione o riduzione e, per le sospensioni già in atto, entro il 30 settembre 2020.
- Esonero contributivo per i datori che non richiedono gli ammortizzatori emergenziali: l’art. 3 prevede l’esonero totale dal pagamento dei contributi Inps per un periodo massimo di 4 mesi per i datori di lavoro che abbiano fruito degli ammortizzatori nei mesi di maggio, giugno e luglio 2020 ai sensi del DL 18/2020 e che non richiedano i trattamenti di cui al comma 1 del DL Agosto; la misura dell’esonero è pari al doppio delle ore di integrazione salariale in precedenza fruite. A chi accede all’esonero in questione, trova applicazione la proroga del divieto di licenziamento disposto dall’art. 14 del DL Agosto.
- Esonero contributivo per assunzioni a tempo indeterminato: l’art. 6 prevede l’esonero totale dal pagamento dei contributi Inps per un periodo massimo di 6 mesi per i datori di lavoro che assumono a tempo indeterminato lavoratori che non abbiano già avuto, con loro, un contratto a tempo indeterminato nei precedenti sei mesi; l’esonero si applica anche alle conversioni a tempo indeterminato dei contratti a termine.
- Proroga e rinnovi contratti a termine: l’art. 8 prevede la possibilità, fino al 31 dicembre 2020, di prorogare o rinnovare i contratti a termine per un massimo di 12 mesi e per una sola volta, fermo restando il limite dei 24 mesi, anche in assenza delle causali ed in deroga alla disciplina limitativa in materia di proroghe o rinnovi.
- Proroga divieto licenziamento: l’art. 14 preclude di licenziamento collettivo ed individuale per gmo ai datori di lavoro che non abbiano integralmente fruito dei trattamenti salariali di cui all’art. 1 del DL Agosto o che abbiano fruito dei benefici contributivi di cui all’art. 3 del medesimo DL (in sostanza si tratta di altri 4 mesi, con decorrenza variabile). Le procedure in corso continuano a restare sospese. Tali preclusioni non si applicano: ai licenziamenti per cambio di appalto in cui sia prevista la riassunzione presso il nuovo appaltatore; ai licenziamenti per cessazione, anche parziale, dell’attività; in caso di accordi aziendali sottoscritti con le OO.SS. maggiormente rappresentative a livello nazionale che prevedano il recesso a fronte di un incentivo all’esodo, ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo (che permette anche la fruizione della NASPI); in caso di fallimento senza esercizio provvisorio dell’attività di impresa.
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Appalto “leggero” di servizi ed interposizione di manodopera
La Suprema Corte, con sentenza n. 14371/2020, ha precisato che, a seguito dell’entrata in vigore del d. lgs. n. 276/2003, ai fini della legittimità dell’appalto di servizi c.d. leggero, non è più richiesto che l’appaltatore sia titolare dei mezzi di produzione, per cui anche se impiega macchine ed attrezzature di proprietà dell’appaltante, è possibile provare altrimenti – purché vi siano apprezzabili indici di autonomia organizzativa – la genuinità dell’appalto.
In sostanza, mentre in appalti che richiedono l’impiego di importanti mezzi o materiali cd. “pesanti”, il requisito dell’autonomia organizzativa deve essere calibrato, se non sulla titolarità, quanto meno sull’organizzazione di questi mezzi, negli appalti cd. “leggeri” in cui l’attività si risolve prevalentemente o quasi esclusivamente nel lavoro, è sufficiente che in capo all’appaltatore sussista una effettiva gestione dei propri dipendenti.
La Corte di Cassazione, in particolare, nel rigettare il ricorso, statuisce che «nell’impugnata sentenza risulta essere stato coerentemente applicato il principio secondo cui in tema d’interposizione nelle prestazioni di lavoro, l’utilizzazione, da parte dell’appaltatore, di capitali, macchine ed attrezzature fornite dall’appaltante dà luogo ad una presunzione legale assoluta di sussistenza della fattispecie (pseudoappalto) vietata dall’art. 1, primo comma, della legge n. 1369 del 1960 solo quando detto conferimento di mezzi sia di rilevanza tale da rendere del tutto marginale ed accessorio l’apporto dell’appaltatore; la sussistenza (o no) della modestia di tale apporto (sulla quale riposa una presunzione “iuris et de iure”) deve essere accertata in concreto dal giudice, alla stregua dell’oggetto e del contenuto intrinseco dell’appalto; con la conseguenza che (nonostante la fornitura di macchine ed attrezzature da parte dell’appaltante) l’anzidetta presunzione legale assoluta non è configurabile ove risulti un rilevante apporto dell’appaltatore, mediante il conferimento di capitale (diverso da quello impiegato in retribuzioni ed in genere per sostenere il costo del lavoro), know how, software e, in genere, beni immateriali, aventi rilievo preminente nell’economia dell’appalto (in senso conforme, tra le altre, v. Cass. n. 25064 del 2013; Cass. n. 16488 del 2009; Cass. n. 4585 del 1994)».
Cass. 14371 del 2020 (appalto leggero di servizi e requisiti legittimità)
Leggi di più...Le risoluzioni consensuali si computano ai fini del licenziamento collettivo
La risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, quando intervenuta a seguito di mancata accettazione del trasferimento da parte del dipendente, va inclusa nel computo del numero minimo dei cinque licenziamenti, in presenza dei quali, ai sensi dell’articolo 4 della legge 223/1991, deve essere attivata la procedura collettiva di informazione e consultazione sindacale.
In particolare, la Corte di cassazione, con ordinanza 15401/2020, ha affermato il principio sopra riportato, che costituisce superamento di un indirizzo contrario consolidato. La Suprema corte si aggiorna e afferma, riprendendo le conclusioni offerte dalla giurisprudenza comunitaria (Corte di giustizia Ue 11/11/2015 nella causa C-422/14), che, nella nozione di licenziamento ai fini dell’applicazione della procedura di cui alla L. 223/91, non rientra solo la fattispecie del recesso datoriale tecnicamente inteso, ma, al contrario, la stessa va estesa a quelle ipotesi in cui la risoluzione, pur non derivando formalmente da un atto di licenziamento, è riconducibile a una riorganizzazione aziendale da cui sia derivata una modifica sostanziale delle condizioni del rapporto di lavoro.
Visto il cambiamento di orientamento, per le situazioni giuridiche già esauritesi alla data di pubblicazione dell’ordinanza, sarebbe opportuna l’applicazione del principio del c.d. prospective overruling, così da scongiurare la retroattività del principio elaborato.
Cass. 15401 del 2020 (risoluzione consensuale e computo ai fini licenziamento collettivo)
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