L’emoticon potrebbe salvare il posto di lavoro
Con sentenza n. 237/2019, il Tribunale di Parma ha dichiarato illegittimo il licenziamento irrogato ad una lavoratrice per aver, in una chat whatsapp tra colleghe, apostrofato il datore di lavoro con commenti offensivi, intervallati da emoticon.
In particolare, il giudice ha ritenuto che l’utilizzo delle “faccine” rendeva gli insulti «più canzonatori che offensivi», non permettendo di comprendere «se alcune frasi vengano dette seriamente o enfatizzate proprio in ragione del contesto deformalizzato e amicale della conversazione».
Il gruppo WhatsApp, in particolare, era stato creato da tre colleghe per gestire i turni di lavoro, ma era diventato presto un modo per scambiarsi frasi pesanti sul loro capo e per lamentarsi. Le conversazioni erano durate circa quattro mesi e avevano contenuti aspri e denigratori. Venuta a conoscenza dell’accaduto, la società aveva fatto scattare immediatamente il licenziamento per giusta causa, considerando gravi le offese personali scambiate nella chat.
Di contrario avviso il giudice che invece ha accolto il ricorso della lavoratrice, definendo «umoristico» il tono complessivo delle conversazioni. «Non c’è dubbio – si legge nella sentenza – che i commenti siano espressi con toni piccati che manifestano astio e scarsa stima nei confronti del datore di lavoro – ma appaiono riconducibili al diritto di critica». A salvare la dipendente, quindi, sono proprio le faccine che attenuerebbero la portata offensiva dei messaggi, scambiati tra un numero ridotto di colleghe. Un modo per sfogarsi – per il giudice – reso meno violento proprio dagli emoticon, capaci da soli di cambiare il senso di una frase e quindi di spostare l’esito di una causa.
Le dimensioni dell’azienda, con meno di 15 dipendenti, non hanno consentito, tuttavia, la reintegra dell’operaia, in favore della quale il Giudice ha riconosciuto l’indennità massima di sei mensilità.
Leggi di più...Cessazione appalto, licenziamento collettivo e criteri di scelta
La Suprema Corte, con sentenza n. 5373/2019, ha statuito che il datore di lavoro, che sia subentrata in un appalto di servizi ed abbia assunto il personale impiegato dal precedente appaltatore, in ossequio alla clausola sociale prevista dal CCNL applicato, qualora, a causa della perdita del suddetto appalto, proceda ad un licenziamento collettivo, deve individuare i lavoratori da licenziare, applicando i criteri di legge o quelli pattuiti con le organizzazioni sindacali con riferimento all’intero ambito aziendale, potendolo limitare l’ambito della selezione ad alcuni rami o settori dell’azienda, soltanto se questi siano caratterizzati dalla specificità delle professionalità utilizzate.
Tale limitazione, precisa la Corte, non trova infatti giustificazione nella particolarità della disciplina, come quella di specie, che regola il rapporto di lavoro nella fase di ingresso, ossia di subentro nell’appalto, ma non in quella di perdita dello stesso.
Cass. 5373 del 2019 (cessazione appalto licenziamento collettivo e criteri di scelta)
Leggi di più...Comunicazione a mani della sanzione disciplinare: quando è efficace?
La Suprema Corte, con sentenza n. 7306 del 2019, ha chiarito le ipotesi in cui la sanzione disciplinare comunicata brevi manu dal datore di lavoro al lavoratore può essere considerata efficace.
All’uopo, occorre premettere che, per giurisprudenza costante, il lavoratore ha l’obbligo di accettare le comunicazioni effettuate brevi manu dal datore, durante l’orario di lavoro, in quanto espressione del potere direttivo di quest’ultimo. Qualora il lavoratore si rifiuti di ricevere la comunicazione, questa si ha, comunque, per effettuata, in applicazione dell’art. 1335 c.c.
Nel caso sottoposto al vaglio della Corte di Cassazione, i rappresentanti del datore di lavoro avevano tentato di consegnare una comunicazione in busta chiusa al lavoratore ed, a fronte del rifiuto di questi di riceverla, non avevano neanche tentato la lettura del suo contenuto.
A fronte della mancanza della prova sia del contenuto della busta chiusa che del tentativo di lettura della stessa, la Suprema Corte ha concluso per l’inesistenza della comunicazione della sanzione disciplinare, supportata, altresì, dal fatto che lo stesso datore di lavoro aveva successivamente inviato la stessa a mezzo ufficiali giudiziari.
Di conseguenza, i Giudici di legittimità hanno confermato la sentenza della Corte di Appello che aveva annullato la sanzione disciplinare, non essendo emersa in giudizio la prova della sua comunicazione al lavoratore.
In definitiva, la consegna brevi manu di qualsiasi comunicazione inerente al rapporto di lavoro, impone l’adozione delle seguenti cautele:
- assenza di busta chiusa;
- consegna durante l’orario di lavoro;
- in caso di rifiuto a ricevere il documento, tentativo ulteriore di consegna;
- in caso di ulteriore rifiuto a ricevere il documento, lettera ad alta voce del contenuto della lettera.
Cass. 7306 del 2019 (comunicaizone a mani sanzione disciplinare)
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Non esiste un diritto alla parità di trattamento retributivo tra i dipendenti
La Suprema Corte, con sentenza n. 8299/2019, ha ribadito il principio secondo cui, nel nostro ordinamento, non sussiste un obbligo di parità di trattamento retributivo tra dipendenti dello stesso datore di lavoro.
In particolare, a detta dei Giudici di legittimità, l’unico obbligo in capo al datore di lavoro, da un punto di vista retributivo, è quello di garantire a ciascun lavoratore i trattamenti minimi (con esclusione degli elementi accessori) previsti dal CCNL di settore, in quanto esplicazione della regola costituzionale della giusta retribuzione, intesa come retribuzione proporzionata alla qualità e quantità di attività lavorativa prestata.
Una volta rispettato questo “minimum”, il datore di lavoro è libero di corrispondere trattamenti differenziati ai dipendenti, anche se espletano le stesse mansioni, in ragione di qualità soggettive del dipendente e/o di un livello differenziato di esperienza, etc.
La Corte di Cassazione, dunque, nel caso in esame, in applicazione dei suddetti principi, ha rigettato il ricorso di un lavoratore che lamentava la disparità di trattamento rispetto ad altri colleghi.
Cass. 8299 del 2019 (no obbligo parità trattamento retributivo)
Leggi di più...Bonus assunzioni 2019
La Legge di Bilancio ha introdotto in favore delle imprese nuovi bonus per le assunzioni effettuate a partire dal 1° gennaio 2019.
Sono tre le novità:
- proroga bonus Sud sgravio contributivo 100% anche per gli over 35 disoccupati da almeno 6 mesi;
- abbattimento IRES per nuove assunzioni;
- bonus che premia le imprese che assumono laureati con 110 e lode, tra il 1° gennaio 2018 e il 30 giugno 2019.
Accanto alle nuove agevolazioni vi sono poi i bonus più conosciuti, come lo sgravio per l’assunzione di giovani NEET che rientrano nel programma Garanzia Giovani, nonché i bonus previsti per chi assume donne, over 50 disoccupati beneficiari di Naspi o cassa integrazione.
Partiamo dall’analisi delle novità previste.
Bonus assunzioni 2019: riduzione IRES di nove punti
Un primo bonus per le assunzioni previsto dalla Legge di Bilancio 2019 è quello di natura fiscale previsto dall’art. 8: si tratta della riduzione Ires di 9 punti sugli utili accantonati in riserva.
La riduzione è effettuata sulla base delle assunzioni incrementali effettuate durante il 2019 rispetto all’organico fotografato alla data del 1° ottobre 2018: trattandosi di un abbattimento di un’imposta fiscale si conterà nel 2019 (facendo un calcolo tra il costo del lavoro precedente e il nuovo costo del lavoro) e si potranno fruire nel 2020.
Le assunzioni dovranno riguardare personale impiegato stabilmente nel corso del periodo d’imposta, compresi i soci collaboratori che saranno calcolati come dipendenti. Per le imprese che nasceranno nel 2019 tutte le assunzioni saranno incrementali.
Il legislatore ricorda che l’incentivo spetta nel rispetto della regolarità DURC e delle norme che tutelano salute e sicurezza sul lavoro.
C’è tuttavia qualche passaggio da chiarire: quando parliamo di agevolazioni riconosciute abbiamo sempre un riferimento che è la legge n. 296/2006, che disciplina il trattamento economico conforme a quanto previsto contratti collettivi di settore stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Ora, nel DdL di Bilancio 2019 si fa riferimento solo ai CCNL nazionali, che potrebbe interpretarsi anche come sottoscritti da qualsiasi O.S., indipendentemente dalla rappresentatività comparativa.
Bonus assunzioni 2019: agevolazioni per chi assume laureati con 110 e lode
L’assunzione agevolata dei laureati con 110 e lode è un ulteriore bonus per le assunzioni stabilito dalla Legge di Bilancio 2019. Viene riconosciuto un incentivo ai datori di lavoro che assumono a tempo indeterminato:
- lavoratori che si sono laureati – in corso – tra il 1° gennaio 2018 e il 30 giugno 2019 e che non hanno superato i 30 anni;
- laureati con dottorato di ricerca, di età non superiore a 34 anni.
L’incentivo dura per 12 mesi, è pari ad 8.000 euro e si applica sulla quota di contributi a carico dell’impresa (esclusi contributi INAIL).
È senza dubbio un incentivo di nicchia e prevede specifici paletti:
- divieto licenziamento per giustificato motivo oggettivo sia del neo assunto che di dipendenti assunti con medesima qualifica nei 24 mesi successivi;
- rispetto dei limiti de minimis;
- regolarità contributiva;
- rispetto trattamento economico e normativo dei contratti collettivi;
- qualora il beneficio sia stato usato solo parzialmente, sempre entro il 31 dicembre 2019 un altro datore di lavoro può assumere lo stesso lavoratore fruendo del beneficio residuo.
L’incentivo è cumulabile con altri incentivi di natura economica e contributiva, mentre non può essere applicato nell’ambito del lavoro domestico.
Bonus assunzioni 2019: proroga incentivo Sud
La Legge di Bilancio 2019 ha disposto la proroga del bonus assunzioni Sud, riprendendo le regole previste per lo scorso anno.
Lo sgravio, a carico dei programmi operativi nazionali cofinanziati dal Fondo Sociale Europeo e dei programmi operativi complementari, prevede uno stanziamento di 500 milioni di euro all’anno per assunzioni agevolate nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna.
Il nuovo Bonus Sud è previsto per il biennio 2019-2020, prevede assunzioni agevolate a tempo indeterminato di giovani fino a 35 anni oppure di lavoratori disoccupati di qualsiasi età e privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi. La definizione di lavoro regolarmente retribuito è contenuta nell’articolo 1 decreto ministeriale del 17 ottobre 2017:
“chi, nei sei mesi precedenti all’assunzione, non abbia prestato attività lavorativa con un rapporto subordinato di durata non inferiore a sei mesi o abbia svolto un rapporto di lavoro autonomo o parasubordinato da cui sia derivato un reddito inferiore o pari alla soglia per la spettanza delle detrazioni ex art. 13 TUIR (4.800 euro per i redditi di lavoro autonomo, 8.000 euro per i redditi di lavoro assimilato a lavoro dipendente dei parasubordinati)”.
L’incentivo è rappresentato da un esonero contributivo al 100% fino a un massimo di 8.060 euro. Come si vede, si tratta della riproposizione del Bonus Sud dell’anno scorso (comma 893, legge 205/2017).
Come confermano i Consulenti del Lavoro in una circolare che illustra le novità della manovra, un punto cruciale è la cumulabilità «con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente». E’ quindi possibile sommare il Bonus Sud con l’agevolazione prevista dall’articolo 1, commi 100 e seguenti della legge 205/2017, e dall’articolo 1-bis del D.L. n. 87/2018. Si tratta dello sconto contributivo del 50%, per tre anni, fino a un massimo di 3mila euro annui, per chi assume a tempo indeterminato giovani under 35.
Quindi, un’azienda che cumula i due incentivi, applica per il primo anno l’esonero contributivo del 100% fino a 8.060 euro, per i successivi 24 mesi l’agevolazione del 50% fino a 3mila euro del Decreto Dignità.
Sarà possibile assumere, beneficiando dell’agevolazione, anche over 35, se privi di impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi.
Bonus assunzioni 2019 per giovani under 35
Non solo Legge di Bilancio. In merito ai bonus per le assunzioni ulteriori novità sono state stabilite dal decreto dignità, che ha prorogato l’incentivo per l’assunzione di giovani under 35.
Il bonus per l’assunzione giovani, introdotto dalla Legge di Bilancio 2018, e prorogato per il 2019 e per il 2020, consiste in uno sgravio triennale fino a 3.000 euro per le assunzioni a tempo indeterminato di soggetti che non sono mai stati titolari di contratti a tempo indeterminato e di età fino a 35 anni.
Al netto di ciò, la norma del decreto dignità riprende quanto previsto dalla Legge di Bilancio 2018. Il concetto è sempre lo stesso: l’assunzione deve essere a tempo indeterminato a tutele crescenti (Jobs Act) o trasformazione a tempo indeterminato di rapporti determinati in essere.
La norma è tuttavia leggermente differente rispetto allo scorso anno: non vi è, al momento, esclusione per assunzioni nell’ambito dei rapporti di lavoro domestico e, tra i dubbi ancora da chiarire, si segnala inoltre che ad oggi non è prevista possibilità di fruizione parziale dell’incentivo per le imprese che assumono lavoratore già in forza con l’incentivo presso il primo rapporto di lavoro.
Nel testo normativo manca una determinata norma di tutela che invece c’era in Legge di Bilancio 2018, ovvero la revoca dell’agevolazione se nei sei mesi successivi all’assunzione il lavoratore viene licenziato o viene licenziato lavoratore con analoga qualifica. Non c’è neanche il riferimento al divieto dell’assunzione incentivata per datori di lavoro che avevano licenziato nei sei mesi precedenti persone con la stessa qualifica.
Bonus Garanzia Giovani per l’assunzione di NEET
Anche per tutto il 2019 le imprese che assumono giovani di età fino a 29 anni iscritti al programma Garanzia Giovani avranno diritto a un incentivo pari alla contribuzione previdenziale a carico del datore di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, per un importo massimo di 8.060,00 euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile per dodici mensilità.
Il datore di lavoro può richiedere il Bonus Garanzia Giovani 2019 per i contratti di lavoro a tempo indeterminato, anche a scopo di somministrazione, e i contratti di apprendistato professionalizzante, sia parziale che a tempo pieno.
Bonus per l’assunzione di percettori del reddito di cittadinanza
In chiusura di segnala l’ultima novità introdotta in materia di agevolazioni per le assunzioni: si tratta del bonus fino a 780 euro per le imprese che assumono percettori del reddito di cittadinanza.
Il decreto n. 4/2019 ha previsto un nuovo incentivo esclusivamente per i datori di lavoro che comunicheranno le disponibilità dei posti vacanti attraverso il sistema informativo unitario delle politiche del lavoro (SIUPL).
Se l’assunzione avviene a tempo pieno e indeterminato il datore di lavoro beneficia di un esonero contributivo, nel limite dell’importo mensile del Reddito di cittadinanza percepito dal lavoratore e comunque non superiore a 780 euro mensili e non inferiore a cinque mensilità.
La durata dell’esonero sarà pari alla differenza tra 18 mensilità e il periodo già goduto di Reddito di cittadinanza. Contestualmente all’assunzione il datore di lavoro può stipulare, qualora necessario, un patto di formazione, presso il CPI, con il quale garantisce al beneficiario un corso formativo o di riqualificazione professionale.
Leggi di più...Universo Salute Opera Don Uva: al via un innovativo progetto sull’organico di lavoro
Universo Salute Opera Don Uva, realtà operante nel settore sanitario e che annovera tre ospedali nel Sud Italia, ha avviato con successo un progetto di Promozione dell’occupazione giovanile mediante turnover tra genitori e figli nell’organico di lavoro (in particolare Ota e Oss), che consentirà una vera e propria successione nel rapporto di lavoro con la struttura, favorendo la solidarietà familiare.
Un approfondimento sull’iniziativa, con il commento dell’advisor legale Michele Fatigato, è disponibile su:
Leggi di più...Legittimo il licenziamento di chi spaccia anche fuori dall’azienda
La Suprema Corte, con sentenza n. 4804/19, ha ritenuto legittimo il licenziamento di un lavoratore, resosi colpevole di spaccio di sostanze stupefacenti, anche se la condotta era stata posta in essere al di fuori del perimetro aziendale e, dunque, dell’orario di lavoro.
Secondo i Giudici di legittimità, infatti, la detenzione ai fini di spaccio di un ingente quantitativo di stupefacenti, oltre ad avere rilievo penale, è in tale contrasto con le norme dell’etica e del vivere civile e, dunque, integra una condotta di per sé idonea a compromettere in modo definitivo il necessario vincolo fiduciario tra datore di lavoro e dipendente, indipendentemente dalla sua natura extralavorativa.
Sulla scorta di tale principio, la Cassazione ha cassato la sentenza dei Giudici di appello, innanzitutto, ritenendo legittima e specifica una contestazione formulata mediante il richiamo agli atti di un procedimento penale di cui il lavoratore sia già a conoscenza, senza che ciò possa essere interpretato nel senso di una mero rimprovero del fatto di essere coinvolto nel processo stesso: la funzione di un simile richiamo, infatti, è proprio quella di consentire al dipendente di giungere alla piena consapevolezza dei fatti materiali che gli sono rimproverati e, cioè, quelli addebitatigli nell’ambito del giudizio penale.
Dopo aver chiarito tale questione preliminare, la Corte nell’affermare l’astratta riconducibili della condotta contestata alla nozione di giusta causa, ha ritenuto che allorquando il comportamento del lavoratore sia particolarmente riprovevole da un punto di vista etico e sociale, il riflesso di quest’ultimo sul rapporto lavorativo è oggettivo, anche ove solo potenziale. Pertanto, conclude l’ordinanza, la sentenza con cui al dipendente spacciatore viene riconosciuto il diritto a essere reintegrato in azienda dev’essere cassata con rinvio alla Corte d’appello, che nel decidere nuovamente la questione dovrà tenere conto di come la detenzione e spaccio di elevate quantità di stupefacenti sia condotta sussumibile, in astratto, nella nozione di giusta causa.
Cass. 4804 del 2019 (spaccio fuori azienda e licenziamento per giusta causa)
Leggi di più...Licenziamento per soppressione del posto ed onere della prova
La Suprema Corte, con la sentenza n. 4672/19, ha chiarito alcuni principi in materia di ripartizione e confini dell’onere probatorio in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, integrato dalla soppressione di una postazione lavorativa con, in parte, esternalizzazione ed, in parte, redistribuzione tra il personale ancora in forza delle residue funzioni connesse al ruolo soppresso.
In particolare, i Giudici di legittimità hanno ribadito il principio secondo cui, ai fini della sussistenza e della prova della soppressione del posto di lavoro, risulta indifferente lo scopo imprenditoriale sotteso alla scelta organizzativa, sia esso anche il miglioramento della redditività, essendo necessario e sufficiente, all’uopo, la dimostrazione dell’effettività della soppressione del posto, mediante prova, in giudizio, della inesistenza, per un congruo periodo di tempo, di assunzioni di dipendenti per ricoprire il ruolo soppresso.
Con riferimento al repechage, la Corte ha chiarito che il relativo obbligo non può ritenersi violato a fronte di nuove assunzioni effettuate a distanza di 7 mesi di tempo dal licenziamento, soprattutto allorquando le stesse siano effettuate a tempo determinato, a fronte di altri dipendenti dimissionari.
la Suprema Corte, infine, in un sintetico passaggio, chiarisce che le doglianze in merito alla violazione dei criteri di correttezza e buona fede nella selezione del dipendente da licenziare devono essere oggetto di specifica allegazione da parte del lavoratore, integrando una questione fattuale e giuridica diversa dalla violazione dell’obbligo di repechage.
Cass. 4672 del 2019 (licenziamento gmo legittima riattivazione dopo 7 mesi posizione soppressa)
Leggi di più...Utilizzo abusivo permessi 104: legittimo il licenziamento
Con la recente sentenza n. 4670/2019, la Suprema Corte è tornata a pronunciarsi sulla legittimità del licenziamento di un dipendente per abusivo utilizzo dei permessi ex L. 104/92, accertato dal datore di lavoro mediante agenzia investigativa.
La Corte di Cassazione, in particolare, confermando le sentenze dei giudici di merito, ha sancito la legittimità dei controlli aventi ad oggetto la corretta fruizione dei permessi in questione, anche se effettuati a mezzo di un agenzia investigativa privata, non trovando applicazione le limitazioni di cui agli artt. 2, 3 e 4 L. 300/70, in quanto diretti ad accertare condotte illecite del dipendente e non l’adempimento alle obbligazioni nascenti dal rapporto di lavoro.
Per quanto concerne la sussistenza della giusta causa di recesso, i Giudici di legittimità hanno confermato la correttezza della motivazione contenuta nella sentenza di appello, qualificando la condotta come abuso del diritto con portata plurioffensiva in danno al datore di lavoro, ai colleghi ed all’Inps.
Cass. 4670 del 2019 (abuso permessi 104 e licenziamento)
Leggi di più...Condotte extralavorative antecedenti al rapporto: legittimo il licenziamento per giusta causa
Le condotte estranee all’attività lavorativa che il lavoratore ha tenuto, addirittura, prima dell’assunzione possono legittimare il licenziamento per giusta causa.
Il principio è stato stabilito, di recente, dalla Suprema Corte nella sentenza n. 428/2019.
Nel caso specifico, un dipendente, già licenziato in seguito a un procedimento penale, era stato riassunto dopo un accordo conciliativo, ma poi era stato raggiunto da una nuova ordinanza di custodia cautelare per fatti differenti, sempre commessi nel corso del precedente rapporto di lavoro.
Il lavoratore è stato, dunque, licenziato di nuovo e il suo ricorso è stato respinto dalla Corte, che ha confermato la legittimità delle sentenze dei gradi di merito.
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