Rapina con lo sfondamento di una vetrata. Il funzionario restò invalido: «Momenti di autentico terrore»
BARI – In quell’ufficio postale non c’era sicurezza e ora Poste italiane dovranno risarcire il direttore picchiato e rapinato. La società è stata, infatti, condannata dalla Corte d’appello di Bari per omessa sicurezza del luogo di lavoro riguardo alla prevenzione delle rapine. Secondo i magistrati del secondo grado tocca a Poste italiane garantire l’incolumità dei suoi dipendenti.
IL FATTO – L’azienda dovrà perciò risarcire un ex direttore di un ufficio postale di Foggia picchiato e reso invalido all’11% durante una rapinata risalente al 1999. Il lavoratore protestava per l’omessa sicurezza del luogo di lavoro e l’inadeguata prevenzione per le rapine. L’uomo si è rivolto al tribunale di Foggia, che aveva però respinto la sua tesi, accogliendo la difesa di Poste Italiane, la quale giudicava la rapina un evento imprevedibile.
LA SENTENZA – La Corte d’appello di Bari ha, invece, ribaltato il primo grado e accolto la tesi dell’ ex direttore. Perciò ha condannato l’azienda a pagare un risarcimento di 22mila e 500 euro. Secondo i giudici, Poste italiane non ha garantito i criteri per la prevenzione e ad aggravare il tutto c’è il fatto che nel locale si siano verificate altre due rapine con la stessa modalità, ovvero lo sfondamento di una vetrata con un fuoristrada. E l’unico sistema di allarme non era al momento funzionante.
IL RACCONTO DELL’EX DIRETTORE – Oggi ha 70 anni ed è in pensione da cinque, ma quello che accadde il 5 luglio del 1999 nell’ufficio postale di Foggia che dirigeva Franco Picaro non potrà mai dimenticarlo. «Sono stati momenti di autentica paura» dice al telefono. «Meglio non ricordarli, non li auguro a nessuno». Quel giorno una banda di rapinatori sfondò i fragili vetri dell’ufficio con un fuoristrada, fece mettere spalle al muro le impiegate, picchiò lui e un dipendente e portò via circa 300 milioni di vecchie lire che dovevano servire per pagare le pensioni. Ad otto anni di distanza Picaro (assistito dall’avvocato Pasquale Fatigato del foro di Foggia) ha vinto la sua battaglia legale con Poste italiane. «Quell’ufficio in via Consagro, succursale 7 delle Poste di Foggia, in cui lavoravamo era un vero tugurio» ricorda Picaro. «Non c’era nessuna misura di sicurezza, le finestre avevano vetri comuni. I rapinatori usarono un fuoristrada, ma per rompere quei vetri bastava pochissimo. Prima che mi affidassero la direzione dell’ufficio, lì c’erano state già due rapine, ma ciò nonostante l’azienda non aveva preso alcuna precauzione». A Picaro, che dopo la rapina venne medicato in ospedale per ferite al volto e per le conseguenze anche psichiche della rapina tornò al lavoro solo dopo oltre 200 giorni, venne poi riconosciuta una riduzione della capacità lavorativa dell’11%. I giudici della Corte di appello di Bari gli hanno riconosciuto un danno biologico del 15%. «Non so – confessa – perchè in primo grado non riconobbero le mie ragioni, erano così evidenti. Forse non si voleva creare problemi alla grande azienda Poste. Ora però sono più sereno».
POSTE ITALIANE – «Prendiamo atto della sentenza, anche se dal 1999 ad oggi sono cambiate molte cose». Così Poste Italiane, attraverso l’ufficio Relazioni esterne, commenta la sentenza della Corte di appello di Bari che ha condannato l’azienda per omessa sicurezza del luogo di lavoro, in relazione alla prevenzione delle rapine, nella causa avviata dall’ex direttore di un ufficio postale di Foggia. A quest’ultimo è stato riconosciuto un risarcimento di 22.500 euro per danno biologico. «Da quell’anno – sottolinea Poste Italiane – sono stati fatti passi da gigante sul piano della sicurezza negli uffici, dalle videocamere di sorveglianza al sistema di blocco delle casse per i dipendenti. Ora c’è anche una divisione aziendale che si occupa specificamente di sicurezza. Quanto alla sentenza di Bari, non possiamo che prenderne atto»
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